Il semplice lancio di una moneta può illustrare come le persone reagiscono in presenza di circostanze casuali, interpretandole invece come eventi ricorrenti? E, soprattutto, comprendere questo fine meccanismo psicologico può aiutarti nelle tue attività di marketing? La risposta è SÌ ad entrambe le domande: tutta colpa (o merito) del bias Clustering Illusion, che agisce secondo un peculiare meccanismo. Nelle prossime righe ti spiegherò esattamente quale.
Immaginiamo di vedere qualcuno che lancia in aria una moneta, sapendo che non è contraffatta e che non stiamo assistendo ad un gioco di prestigio. Per 15 volte consecutive, il lancio si conclude con la moneta che mostra “croce”. Se ci chiedessero di scommettere sul prossimo esito, quasi tutti noi punteremmo su fatto che stavolta uscirà “testa”.
Perché? In questo momento siamo sotto l’effetto di un bias cognitivo – un pregiudizio, un “errore” della nostra mente – che ci fa immaginare di conoscere, per un facile calcolo delle probabilità, il risultato del lancio. Siamo portati a credere che la moneta abbia una sorta di “memoria” di ciò che ha fatto in precedenza, e tenderà a far uscire “testa” per bilanciare i risultati storici.
In verità, il lancio di una moneta è un fenomeno casuale, tanto che “testa” o “croce” hanno comunque il 50% di possibilità di uscita, indipendentemente da quanto accaduto prima.
Lotto ed Enalotto sono un altro esempio. Nonostante spesso i giocatori abituali studino ritardi e ricorrenze per indovinare il numero giusto su cui puntare, queste azioni si rivelano inutili. Siamo convinti che se un numero non esce da tante estrazioni avrà di certo una maggior probabilità di essere estratto. Ma anche i numeri ritardatari non seguono uno schema: ad ogni nuova estrazione tutti i 90 numeri hanno la stessa eventualità di uscire (1/90). A questo proposito, è stato analizzato il ROI tra chi giocava basandosi su schemi e chi sui sogni, e non sono state riscontrate differenze sostanziali.
Nel 1913, durante una partita di roulette al Casino di Monte Carlo, la pallina finì sul nero 26 volte di seguito. La possibilità di colpire una pallina nera in un gioco di roulette è del 47,4%. Pertanto, la probabilità che la pallina finisse sul nero 26 volte consecutive era di circa 1 su 67 milioni.
I presenti seguirono un processo di pensiero fallace: dato l’atterraggio sul nero per così tante volte, scommisero che il prossimo giro avrebbe portato la pallina sul rosso. Sicuri che i due colori dovessero “pareggiare”, i giocatori persero una somma di denaro esorbitante.
Il bias che ti ho appena illustrato è chiamato Clustering Illusion, e ci permette di dare un senso alla realtà che ci circonda. Il nostro cervello è una delle più sofisticate creazioni della natura, ma è capace di processare soltanto una piccola porzione del mondo in cui viviamo. Siamo invasi da dati, stimoli di qualsiasi tipo. Possiamo vedere le cose da migliaia di prospettive, e questo significa – per la mente umana – troppo lavoro in poco tempo.
Per soddisfare il nostro bisogno di stabilità, invece, vogliamo supporre di avere una visione completa delle cose: creiamo così collegamenti tra il poco che vediamo e ciò che crediamo di sapere.
In tal modo possiamo individuare dei pattern attraverso i quali giungere rapidamente a delle conclusioni. Il problema è che spesso vediamo schemi anche laddove non esistono.
Il Clustering Illusion è solo uno dei tanti bias cognitivi in cui cade la nostra mente, uno di quelli più diffusi.
Euristiche e bias fanno parte delle scorciatoie mentali che ci permettono di costruire un’idea generica su un determinato tema, senza affaticare troppo il nostro cervello. Si tratta di “conclusioni veloci con il minimo sforzo cognitivo” (D. Kahneman). Sono strategie che ci fanno elaborare le informazioni con rapidità, ci aiutano a formare impressioni, a prendere decisioni e inventarci spiegazioni per avanzare nei processi di ragionamento in modo efficace e veloce. Le euristiche nascono da alcune premesse:
- Mancanza di tempo per un’analisi approfondita;
- Eccesso di informazioni, che non permette di isolare quelle rilevanti;
- Contesti di poca importanza;
- Scarse conoscenze sull’argomento;
- Convinzione che non servano ulteriori sforzi cognitivi.
Si tratta pertanto di un approccio alla risoluzione dei problemi che non segue una logica esclusivamente razionale, ma si affida all’intuito e allo stato temporaneo delle circostanze. Possiamo definire i bias come una sottocategoria delle euristiche, quelle “inefficaci”: esprimono giudizi su cose mai viste o di cui non si possiede alcuna esperienza. Nascono come conseguenza dell’applicazione di un’euristica, ma sono legate al concetto di errore. E come tali portano a risultati sbagliati e conclusioni infondate.
Ma come influisce la conoscenza delle euristiche di ragionamento sul marketing? Come puoi utilizzarle per ottenere un vantaggio competitivo quando si tratta di promuovere il tuo brand e i tuoi prodotti?
Le decisioni d’acquisto dei tuoi clienti avvengono in prima battuta a livello inconscio ed emozionale, mentre la logica si aggiunge subito dopo.
Infatti, tutte le scelte che facciamo sono un continuo alternarsi di quelli che il Premio Nobel Daniel Kahneman ha definito “Pensieri Lenti e Veloci”, inseriti nel saggio omonimo. A questo straordinario psicologo e scienziato dobbiamo la teorizzazione di euristiche e bias, grazie ad un programma di ricerca nato negli anni ’70 e chiamato “Heuristics and Bias Program”, che si proponeva di comprendere come gli esseri umani maturino decisioni in contesti ambigui, incerti o con informazioni insufficienti.
Al fine di persuadere gli utenti a preferire la tua soluzione, le tue attività di comunicazione devono seguire un “filo d’oro” fatto di emozioni e razionalità, in delicato equilibrio. Se basi il marketing della tua azienda solo sui motivi logici per cui acquistare il tuo prodotto, rischi di non toccare le corde più profonde che spingono all’azione; viceversa, se fai affidamento solo sull’emotività, il potenziale cliente non troverà ragioni sufficienti per giustificare a sé stesso e agli altri la sua decisione. Nello specifico del bias Clustering Illusion, possiamo facilmente intuire come esso suggerisca la veicolazione di messaggi che contengano anche elementi di social proof, testimonianze, numero di utenti che hanno già comprato il tuo prodotto o usufruito del tuo servizio. In questo modo, è possibile rinforzare – nella mente delle persone che vengono a contatto per le prime volte con il tuo brand – l’associazione tra i benefici ottenuti da altri prima di loro, e quelli che essi stessi potrebbero ottenere.
Per una strategia di marketing che tenga conto di tutti questi aspetti e li integri con lo studio scientifico delle leve emotive, razionali e relazionali, supportando la tua azienda nel raggiungimento concreto dei propri obiettivi di business, contattami.